Il libro
«Un saggio penetrante, che va oltre le facili generalizzazioni e le accuse sensazionalistiche. Ayçoberry dimostra che ciò che era vero in un luogo e in un momento, non lo era necessariamente a venti chilometri di distanza, o un anno dopo».
– The Washington Post
Il flusso di pubblicazioni sulla Germania nazista non accenna ad arrestarsi. Ma dopo essersi tanto interrogati sui «perché», è forse tempo di provare a raccontare il «come»: è tempo di capire come una società molto evoluta e molto articolata abbia potuto accettare, prima, e sposare, poi, la causa del nazismo e del Terzo Reich. Per comprendere questo non servono astratte teorie, più o meno suggestive, ma un’analisi attenta dei comportamenti quotidiani dei tedeschi, per cogliere quella trama di orientamenti e scelte individuali e collettive che hanno gradualmente prodotto l’accettazione dell’inaccettabile. E allora: come lavoravano gli impiegati e gli operai, gli avvocati e i medici? Si posero il problema di conservare (dinanzi a se stessi e agli altri, in lettere private o in documenti pubblici) una propria dignità in un clima di violenza sempre più soffocante e funesto? Tra il fanatismo e l’opposizione, praticati da un numero di tedeschi comunque contenuto in termini assoluti, come vivevano ogni giorno i milioni di tedeschi che componevano la società civile? La loro può definirsi una complicità, più o meno imbarazzata? O era una convivenza tanto silenziosa quanto consapevole? Oppure queste sono categorie incongrue per giudicare il comportamento di una massa?