Lindau: L'Isola che c'è
• Dal n. 0 della nostra nuova rivista «L'Isola» / maggio 2016
Da quando ho l’età della ragione (sempre che l’abbia davvero raggiunta), cerco di pensare con la mia testa. Sbaglio, come tutti, ma sbaglio in proprio, e non per conto terzi.
Da quando dirigo Lindau (dal 1989, quando è nata) ho cercato di dare voce a tutte le idee, anche a quelle che condivido solo in parte. E soprattutto a quelle che non si identificano con il mainstream e che dunque hanno poche possibilità di essere espresse e valorizzate. Ho sempre pensato che il compito più importante di un editore sia quello di aprire e garantire spazi di libertà, cioè di confronto aperto, leale e anticonformista.
So bene (e se non l’avessi saputo, l’avrei imparato presto a mie spese) che una casa editrice è un’impresa, che come tutte le imprese deve far tornare i conti eccetera eccetera. Ma credo che questo non possa e non debba andare a discapito della sua funzione più essenziale, l’unica che dà un senso a un lavoro durissimo e per nulla remunerativo.
Il piccolo, artigianale foglio che avete tra le mani è un altro esercizio di libertà.
Vi troverete delle idee, in primo luogo, e poi degli autori e poi dei libri (nostri, ma qualche volta di altri).
Vi troverete soprattutto quello che per tante ragioni è spesso marginale nei luoghi tradizionalmente deputati alla cultura e magari sopravvive, ma in forma polverizzata, nell’universo della Rete, ogni giorno più grande e frammentato e insondabile. Questo è uno dei problemi del nostro tempo: non siamo mai stati tanto liberi di esprimere le nostre idee (almeno in questa parte del mondo), ma è difficile trovare qualcuno che ascolti e cerchi davvero un confronto. Innanzitutto, perché molti sono troppo impegnati a parlare per trovare il tempo di ascoltare (e sono troppo impegnati a scrivere per trovare il tempo di leggere) e poi perché vi è una specie di strisciante conformismo planetario, per cui si seguono ovunque le stesse mode, si fanno le stesse cose e... si pensa nella stessa maniera.
Non esiste (ancora?) il Grande Fratello immaginato da Orwell, ma spesso ho l’impressione che vi sia qualcuno o qualcosa che pensa, parla, agisce dentro di noi per conto nostro.
L’isola – qualunque isola – è un luogo di incontri, di mescolanze, di commerci. È un porto sicuro dove fare scalo prima di ripartire. Ed è anche un luogo in cui, quando cala la sera, i rumori del giorno si spengono in un brusio sempre più impercettibile, accompagnato e poi sovrastato dallo sciabordio delle onde. Questo è il «movimento» che vorremmo proporvi: un intenso scambio culturale e umano, senza censure e senza frontiere, e il tempo lento e silenzioso in cui ogni cosa decanta e si stratifica. È un programma ambizioso, ma che ci impegneremo a realizzare.
Lindau è un’isola sulle carte geografiche.
Lindau è l’isola che cerchiamo di costruire. Possibilmente insieme a voi.
Ezio Quarantelli, Direttore Editoriale
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