Il libro
Sull'uomo Kubrick – sulla sua personalità complessa ed eccessiva, sull'esilio volontario in Gran Bretagna, sull'apparente megalomania, sul perfezionismo ossessivo – sembra sia stato detto tutto. Ma vale lo stesso per l'opera? In questo saggio – il primo di tale ampiezza dedicato al suo cinema e corredato dalla pubblicazione di oltre 750 fotogrammi –, Michel Chion ricostruisce storia, contesto e poetica di tutti i suoi film (dall'«invisibile» Fear and Desire, realizzato nel 1953 e in seguito rinnegato, a Eyes Wide Shut, uscito nel 1999 qualche mese dopo la scomparsa del regista), mettendo in particolare evidenza l'unicità di un'opera che alterna indiscussi capolavori – 2001: Odissea nello spazio, Barry Lyndon e Full Metal Jacket – a fasi di ricerca e transizione.
L'approccio rigorosamente cronologico permette di cogliere gli snodi della carriera, l'affacciarsi di nuovi temi, la capacità di strutturare forme cinematografiche inedite (come la coabitazione, senza fusione, di immagini, parole e musica, o la polifonia dei procedimenti narrativi). Ma Kubrick ha voluto prima di tutto raccontare storie centrate sull'Uomo, l'individuo universale, e il suo «slancio vitale». Ha voluto raccontare l'umano, in cui convivono la gioia di esistere e quella di distruggere, con la morte sempre all'orizzonte; l'umano, con le sue aspirazioni di grandezza, le sue infime schiavitù e il suo ambizioso tentativo di appropriarsi di un mondo che oppone resistenza e di un cosmo labirintico. L'umano, insomma, né più né meno.