Il libro
Demoni e dei di Roberto Curti ripercorre la storia del cinema horror made in USA dagli albori del sonoro ai giorni nostri.
E lo fa secondo una chiave di lettura inedita, ma molto convincente e fondata: l’evoluzione della sensibilità religiosa americana, dall’eredità puritana fino alla recente esplosione di credi e confessioni, peraltro assai presenti sulla scena pubblica.
Forte di una eccezionale conoscenza della filmografia e della cultura statunitense, Roberto Curti analizza e discute i classici della Universal, parabole morali dove il mostro (la creatura di Frankenstein, il vampiro, la mummia, l’uomo lupo) incarna un male destinato a essere sconfitto prima dei titoli di coda; gli horror satanici degli anni ’60 e ’70 (Rosemary’s Baby, L’esorcista, la trilogia di Il presagio), che rispecchiano la crisi di valori in atto e l’emergere di nuove forme di spiritualità; il ritorno in auge della destra cristiana negli anni ’80 durante la presidenza Reagan; la visione pessimistica di George Romero e l’anticlericalismo di John Carpenter; l’ossessione religiosa che diventa follia in lavori come Cape Fear (1991, di Martin Scorsese) e Seven (1995, di David Fincher); il ritorno alla ribalta dei timori apocalittici all’avvicinarsi dell’anno 2000; e infine il rapporto tra religione e horror dopo l’11 settembre, con pellicole di chiara impronta teocon come The Exorcism of Emily Rose (2005) e I segni del male (2007) e l’affiorare di nuovi temi e interessi nelle opere di registi come M. Night Shyamalan (Il sesto senso, The Village, E venne il giorno).