Il libro
Via col vento è il film a più lungo sfruttamento commerciale della storia del cinema, è quintessenza ed exemplum dell’epoca d’oro dello studio system, è il più chimerico dei testi senza autore (tanti padri e Selznick solo padrone) e per questo da sempre inviso alla critica alta, è woman’s drama e racconto epico di Ricostruzione. Un melodramma dove l’eroina si spinge fin oltre la soglia fissata dai codici del genere, fino a sperimentare l’inconsistenza e la commutabilità del proprio desiderio; e un racconto epico davvero anomalo per l’America del 1939, per un paese che, alle soglie della guerra mondiale, si prepara a difendere la solidità dei propri valori democratici e contemporaneamente si esalta nella fantasia nostalgica del passato illiberale e schiavista superato in nome di quei valori. Via col vento è film da sempre risolto nella sua «fabbrica» e nella sua leggenda: che possono invece non essere più puro spettacolo autosufficiente, e funzionare come primo accesso all’affascinante macchina testuale che ancora ci incuriosisce e ci incanta.